Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Trento, 24 gennaio 2007 La prossima settimana il Consiglio provinciale dovrà eleggere un giudice del TAR di Trento, in sostituzione del dott. Iuni, dimissionario, a sua volta nominato dal Consiglio provinciale di Trento, come prevede il D.P.R. n. 426 del 1984, modificato nel 1987. Una norma di attuazione che ha suscitato e suscita tuttora molte discussioni. Alcuni infatti – anche nell'ambito della dottrina giuridica e non solo nel dibattito politico – ritengono inopportuno che la scelta di due giudici amministrativi (uno dei quali deve far sempre parte del collegio giudicante) sia fatta da un organo politico, tenuto conto che il loro compito principale, se non esclusivo, è proprio quello di decidere sui conflitti fra Amministrazione pubblica e cittadini. Molte delle ragioni che potevano giustificare negli anni '80 questa sovrapposizione fra potere politico e potere giudiziario si sono affievolite, anche se la norma non è stata affatto cambiata. Ed è per tale ragione che il Consiglio non può ovviamente sottrarsi all'obbligo di nomina. Tuttavia nulla vieta che, autonomamente, decida di adottare una procedura di designazione dei candidati che tolga di mezzo qualsiasi dubbio sulla autorevolezza, competenza ed autonomia di giudizio e dalla politica, della persona prescelta. Per tale ragione mi sembrerebbe opportuno che i nominativi sottoposti al voto del Consiglio non scaturissero da accordi, pur legittimi, fra le forze politiche, ma fossero indicati da autorità “terze”, quali potrebbero essere, ad esempio, il Presidente del Tribunale o della Corte d'Appello, il Presidente dell'Ordine degli avvocati, il Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento. Di tale consultazione preliminare, se fosse condivisa questa proposta, potrebbe farsi carico, autorevolmente, il Presidente del Consiglio provinciale. In questo modo, sarebbe salvaguardato il potere di nomina del Consiglio provinciale (il quale potrà comunque scegliere fra una pluralità di candidati), e si rafforzerebbe l'autorevolezza del giudice prescelto, sottraendo la sua nomina al sospetto di accordi politici. |
MARCO BOATO |
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